Ieri ho appreso la triste notizia della dipartita della grande artista e filmmaker italiana Angela Ricci Lucchi. L’artista, insieme al compagno Yervant Gianikian, ci ha regalato immagini preziose e bellissime.
Oggi, mentre ascoltavo “Knocking on the heaven’s door” di Bob Dylan, ho pensato subito a lei, a quando la conobbi a Venezia durante una Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, all’emozione provata nel stringerle la mano, a quando la ascoltai durante un evento a Milano, al suo affascinante cinema fatto di profumi, archivi e memorie in continuo dialogo col presente.
Qualche mese fa ho perso la presentazione dell’ultimo libro dedicato al cinema della coppia italiana del found footage. Pensavo di avere un’altra occasione per ascoltare i racconti coinvolgenti dell’artista e dei suoi viaggi a caccia di oggetti, immagini e memorie. Che errore dare per scontato il tempo.
Il titolo di questo breve ma sentito post, riporta la citazione di un’ intervista fatta ai due artisti, nella quale Gianikian spiega da cosa dipenda la durata e la dimensione temporale delle immagini nei loro film:
“È un processo che è sempre variabile. È un processo che ha un punto di partenza che è quello dell’osservazione manuale, e però è dato dalla natura dell’immagine, da quella scossa elettrica che l’immagine ci provoca. La durata è in relazione a questo.” (1)
Quella scossa elettrica la provai la prima volta che vidi un film della coppia. Quella scossa mi spinse a dedicare la tesi di laurea al lavoro dei due artisti italiani. Riporto qui sotto le conclusioni della mia tesi di laurea, un piccolo e umile omaggio all’artista scomparsa:
“CONCLUSIONI
La scoperta del found footage film e soprattutto il lavoro dei due cineasti italiani Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, hanno risposto allo scopo della ricerca intrapresa sull’uso delle immagini d’archivio documentarie. Grazie alle informazioni raccolte e ai film visionati, si è entrati in contatto con un mondo cinematografico affascinante, abitato da cineasti-artigiani che amano il cinema e la sua materia prima, la pellicola cinematografica.
Le immagini dei film della Trilogia della Guerra colpiscono particolarmente per la loro bellezza visiva e la forza espressiva che emanano. Sono film non facili da guardare, non solo per la loro struttura complessa e il loro ritmo lento, difficile per uno spettatore del terzo millennio, ma per ciò che mostrano, il dolore e la sofferenza di uomini, donne e bambini. I cineasti provano pietà per questi anonimi e propongono le loro sofferenze perché vogliono ricordare al pubblico che esse non sono passate, ma persistono tutt’oggi.
I volti dei protagonisti dei loro film non lasciano indifferenti.
Gli sguardi dei bambini del film “Oh!Uomo” sono difficili da dimenticare.
Se qualcosa colpisce, si indaga, si entra dentro l’argomento come fanno i due filmmaker con il fotogramma.
Questo approfondimento nasce da una “scossa elettrica”.” (2)
Ciao e grazie.
(citazione 1: Dottorini, Daniele, (a cura di), “Archivi che salvano. Conversazione (a partire da un frammento) con Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi”, Fata Morgana , n. 2, maggio-agosto 2007, p. 14; citazione 2: mia tesi di laurea “Found Footage Film: la Trilogia della guerra di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi”, 2009.)