Avant-Garde

R.I.P. Movie: Johann the Coffin Maker (1928)

 

“The rules didn’t have to be followed – was it necessary to spend a lot of money to express an idea? – why should a sequence always be shot in the same order?” (1)

 

Johann the Coffin Maker , 35mm, 2 reel e 1/2, b/w, silent, Robert Florey.

Allucinazioni. Distorsioni. Lampi di luce. Non sono sotto effetto LSD (purtroppo). Ora mi spiego.

1928, un anno molto interessante per il cinema d’avanguardia americano. Infatti l’uscita nelle sale del film tedesco Il Gabinetto del Dottor Caligari ebbe un effetto dirompente e una forte influenza su molti registi americani indipendenti e d’avanguardia che si misero a produrre film a basso costo, riproponendo e sperimentando lo stile espressionista, come fecero ad esempio Charles Klein che realizzò The Tell-Tale Heart (1928) e Paul Fejos che girò un film drammatico espressionista dal titolo The Last Moment (1928). All’epoca, per ottenere i risultati visivi allucinati e destabillizzanti tipici dello stile espressionista, gli ambienti e le scenografie dei film erano realizzati con modellini in miniatura fatti con carta, scatole di sigari, giocattoli per bambini e con l’aiuto di trucchi, effetti speciali, sovrapposizioni, giochi di luci e di ombre e gli effetti ottici creati dagli specchi che completavano l’ opera. Il primo artista ad aver introdotto lo stile espressionista a Hollywood è stato Robert Florey con il cortometraggio The Life and Death of 9413 – A Hollywood Extra del 1928. Florey era un giovanissimo aiuto regista venuto dalla Francia che collaborò alla produzione di alcuni film di Josef von Sternberg e King Vidor, è stato il regista del primo film dei Fratelli Marx Noci di cocco e sarebbe dovuto essere lo sceneggiatore e regista del primo Frankenstein, del quale realizzò e scrisse i test reel footage prima di essere spostato ad altra mansione dalla casa di produzione Universal. Florey accostava il suo lavoro per il cinema hollywoodiano classico ad un cinema più personale e sperimentale che lo soddisfava maggiormente. Il suo terzo film, Johann the Coffin Maker, uno dei suoi film meno noti e girato quando aveva soli 23 anni, consisteva in un  un cortometraggio di genere horror che fu commissionato dal cinema-teatro Film Art Guild di New York e che costò solo 200$, un budget molto basso anche per quegli anni. Il cortometraggio venne girato senza sceneggiatura, le riprese durarono due giorni e mezzo, il tempo di un weekend. A differenza dei suoi film precedenti e dei film prodotti in quel periodo, Florey volle evitare di ricreare uno stile completamente e puramente espressionista già visto in altri film, cercando di utilizzare uno stile naturalistico, usando location reali. Gli interni vennero girati nella bottega di un “realizzatore di bare”, il coffin maker del titolo, in una “stanza per il lutto” e in un cimitero. Gli attori furono circondati da specchi per creare giochi di forme, luci e distorsioni,  mentre gli esterni furono girati per le strade di Hollywood, dove Florey sperimentò nuove tecniche di ripresa trasfigurando completamente il paesaggio. L’importanza dei film di Florey viene spiegata da Lewis Jacobs in un saggio sul cinema sperimentale americano:

“Despite their shortcomings and their fiagrant mirroring of German expressionism, these first experimental attempts were significant. Their low cost, their high inventive potential, their independence of studio crafts and staff, vividly brought home the fact that the medium was within anyone’s reach. One did not have to spend a fortune or be a European or Hollywood “genius” to explore the artistic possibilities of movie making.” (2)

Nel 1930 il regista fece un viaggio in Europa e affidò i negativi originali e tutte le copie di alcuni suoi film, tra cui Johann the Coffin Maker, alla società di distribuzione di Symon Gould, il fondatore del Film Art Guild di New York e maggiore distributore di cinema d’avanguardia che distribuiva film sia ai piccoli cinema che alle sale commerciali, la quale a quanto pare non fece il suo dovere perché i negativi sparirono e andarono ad allungare la lista dei film perduti.

Sul web alcuni siti associano la foto al film Johann the coffin maker, ma non si hanno certezze che si tratti di un’immagine del film del 1928.

(Fonti: citazione (1) “Robert Florey, letter to Don Shay, 12 August 1972, Florey Collection” in Unseen cinema: Early American Avant-garde Film 1893-1941, di Bruce Charles Posner;  citazione (2) Experimental Cinema in America. Part One: 1921-1941, UC Press;  Lovers of Cinema: The First American Film Avant-garde,1919-1945, di Jan Christopher Horak; The Most Typical Avant-Garde: History and Geography of Minor Cinemas in Los Angeles di David E. James; Grand Design: Hollywood as a Modern Business Enterprise 1930-1939, di Tino Balio)

Pubblicità

R.I.P. Movie: Vita futurista (1916)

“Pittura + scultura + dinamismo plastico + parole in libertà + intonarumori + architettura + teatro sintetico = cinematografia futurista. Scomponiamo e ricomponiamo così l’Universo secondo i nostri meravigliosi capricci, per centuplicare la potenza del genio creatore italiano e il suo predominio assoluto nel mondo. Milano, 11 settembre 1916”

F.T. Marinetti, B. Corra, E. Settimelli, A. Ginna, G. Balla, R. Chiti.

Vita futurista 1200 metri, Arnaldo Ginna.

I ragazzotti del movimento futurista non mancavano di modestia! Grandi pionieri della ricerca artistica dei primi anni del secolo scorso, scrissero il Manifesto della Cinematografia Futurista con il quale affermarono un concetto rivoluzionario: il cinematografo è un’arte a sé. Purtroppo il gruppo fondato da Filippo Tommaso Marinetti non produsse una vera e propria cinematografia futurista, più che altro ne teorizzò. Vita futurista può essere considerato il primo film d’avanguardia della storia del cinema ed è il primo film espressamente futurista. Il soggetto fu scritto dai principali esponenti del gruppo, poi venne sviluppato e modificato di volta in volta da Marinetti durante la produzione. Ginna girò con una macchina da presa a manovella Pathé comprata a Firenze per l’occasione e girò scene in parte ambientate in esterni nei dintorni di Firenze, in parte in un teatro di posa e in seguito portò le bobine a sviluppare a Roma. La pellicola consisteva in un assemblaggio di improvvisazioni, gag e scenette interpretate dagli aderenti al gruppo: Marinetti, Corra, Balla, Ginna, Settimelli, Spina, Chiti, Nannetti, Venna, Josia, Spada e da alcuni amici reclutati per l’occasione. Secondo le testimonianze dell’epoca, il film alternava scene simboliche e astratte a scene comiche e vennero usati trucchi che diventeranno di largo uso nel cinema, ad esempio le sovrimpressioni e l’ uso di specchi per creare effetti speciali. Il film non piacque a tutti. Vennero stampate solo due o tre copie perché il gruppo non trovò nessuno disposto a distribuirlo. Ginna racconta che la sera della prima, Settimelli diede uno schiaffo al potenziale distributore. Gli spettacoli futuristi erano famosi per essere molto movimentati e i giovani artisti facevano di tutto per provocare e stimolare il pubblico che, durante alcune proiezioni del film, gettò sassi e oggetti contro lo schermo. La pellicola è andata perduta e ne restano solo pochi fotogrammi: la “Colazione futurista” al ristorante La Loggia al piazzale Michelangelo a Firenze; la “Danza dello splendore geometrico”, dove si vede l’uso della sovrimpressione; la “Cazzottatura futurista” al parco delle Cascine, dove recitava lo stesso Marinetti. Nel 1958, l’ultima bobina di Vita Futurista venne affidata da Ginna ad uno studioso che avrebbe dovuto curarne il restauro e donarlo ad un Museo parigino. L’opera invece scomparve, probabilmente distrutta durante il tentativo di restauro. Per fortuna Ginna ricorda le sequenze:

1-“Scena al ristorante di piazzale Michelangelo” – Un vecchio signore con barba bianca (Lucio Venna) siede ad un tavolo fuori del ristorante. Stava per iniziare il pranzo con un brodino in tazza, quando alcuni giovani futuristi intervennero disapprovando ad alta voce il modo di mangiare del vecchio. Un signore inglese presente alla scena non comprendendo che si trattava di una finzione, volle intervenire apostrofando arrabbiatissimo Marinetti: “No fare male ai vecchi”. Il vecchio simboleggiava il passatismo retrogrado, i giovani futuristi il dinamismo avvenirista
2-“Il futurista sentimentale”. Un giovane futurista pieno di baldanza si lascia sopraffare da sentimentalismo amoroso, vinto dall’addensarsi su di lui di forse psichiche passatiste, rappresentate dalle luci dell’ambiente che si fanno tenuissime e si colorano di blu – effetti colorati ottenuti col viraggio – per dare l’espressione di uno stato d’animo di mollezza.
3-“Come dorme il futurista” – In una stanza due persone dormono in letti disposti verticalmente anziché orizzontalmente, seguendo intuizioni psicologiche, dinamiche, in movimenti combinati introspettivi.
4-“Caricatura dell’Amleto simbolo del passatismo pessimista” – Figure in movimento, deformate con specchi concavi e convessi (Attori: Settimelli Venna, Chiti, Nannetti).
5-“Danza dello splendore geometrico” – Ragazze vestite esclusivamente con pezzi di stagnola, variamente sagomata, ballano una danza dinamico ritmica. Forti riflettori lanciavano fasci di luce sulla stagnola in movimento, provocando sprazzi luminosi intersecantisi fra di loro, distruggendo così la ponderalità dei corpi.
6-“Poesia ritmata di Remo Chiti” – Declamata con l’accompagnamento simultaneo di movimenti delle braccia.
7-“Ricerca introspettiva di stati d’animo” – A cavalcioni sopra cavalletti di legno in un ambiente scuro color violetto, Chiti, Venna e Nannetti fissano in un silenzio che vuole essere soprannaturale i movimenti di alcune carote legate ad un filo tenuto fra l’in dice ed il pollice.
8-Balla mostra alcuni oggetti di legno colorati e cravatte pure di legno, magnificandone il contenuto plastico dinamico.
[vi erano inoltre altre scene: Come corrono il borghese e il futurista in cui un borghese cammina regolarmente sulla strada delle Cascine mentre Marinetti corre saltando siepi e rovi, Esercitazioni quotidiane per liberarsi dalla logica, Cazzottatura futurista, e un episodio di satira politica Perché Cecco Beppe (Francesco Giuseppe) non moriva, nel quale la morte, Remo Chiti vestito di nero con uno scheletro disegnato sulla maglia, non riesce a prendere l’imperatore e sviene per il puzzo che ne irradia (scena che fu però tagliata dalla censura)].

(Cit iniziale: La cinematografia futurista; 2°cit: qui si trova la descrizione fatta da Ginna delle sequenze del film; Fonti: Clara Orban: The Culture of Fragments. Words and Images in Futurism and Surrealism. Amsterdam & Atlanta, GA: Rodopi,1997, p.155.; Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia di Angela Madesani)

"Vita futurista", Ginna, 1916. Fotogramma che testimonia l'suo della sovrimpressione

“Vita futurista”, Ginna, 1916. Fotogramma che testimonia l’uso della sovrimpressione.

R.I.P. Movie: Escape Episode (1944)

“It was an illusion, a tease, a fraud; it was almost as much fun as the ‘old-time religion’- without blood on the altar. But the blood would come”
Kenneth Anger

Escape Episode 16mm; b/w; 1° versione: 1944, muto, 35′; 2° versione: 1946, sonoro, 27′; Kenneth Anger.

Hollywood, odi et amo. Simbolismo, erotismo, ironia, satira, violenza ed esoterismo erano gli ingredienti dei film di K. Anger, cineasta d’avanguardia che iniziò a girare film all’età di 10 anni, dopo aver partecipato come attore ad alcuni film hollywoodiani. Il filmmaker di “Fireworks” e “Scorpio Rising” girò il film a 17 anni a Hollywood e lo proiettò al Coronet Theatre di Los Angeles, luogo di riferimento per artisti e filmmaker d’avanguardia nei primi anni ’50 del secolo scorso. Il film fu proiettato a San Francisco all’ Art in Cinema Film Society presso il San Francisco Museum of Art e in questo periodo Anger iniziò a farsi un nome tra gli artisti del cinema underground. La pellicola è considerata perduta, insieme agli altri brevi film muti che precedettero “Fireworks”. Non esistono immagini o fotografie e ci sono pochissime fonti al riguardo. Una delle rare informazioni si trova in Film Culture n. 31 del 1963,  dove è lo stesso regista a fornirne la sinossi:

“Free rendering of the Andromeda myth. A crumbling, stucco-gothic sea-side monstrosity, serving as a Spiritualist Church. Imprisoned within, a girl at the mercy of a religious fanatic “dragon” awaits her deliverance by a beach-boy Peresus. Ultimately it is her defiance which snaps the chain”

Essendo una libera interpretazione del mito di Andromeda, il film doveva intitolarsi inizialmente “Demigods”, poi il regista optò per Escape Episode, perché il film narrava la storia d’amore e fuga di una ragazza dalla prigionia di un castello-chiesa e dalla follia fanatica di una zia-drago chiaroveggente che si serviva di lei durante alcune sedute spiritiche. Anger riprese in mano il film  nel 1946 e lo ridusse da 35 minuti a 27. Aggiunse una colonna sonora con effetti sonori di onde, gabbiani, vento e “Il Poema dell’Estasi” (1905-1908) del musicista russo Skrjabin, compositore e pianista mistico che sperimentò nuovi linguaggi espressivi, mettendo in relazione le note musicali e i colori e progettando spettacoli multimediali che integravano fasci di luce colorata associati alle note. Escape Episode fu proiettato per l’ultima volta nel 1967 e da quel momento iniziarono le congetture. Alcuni pensano che sia stato lo stesso Anger a nasconderlo, altri che lo abbia distrutto. Scott McDonald, durante una conversazione, chiese al regista le cause della sparizione dei suoi primi film. Anger spiegò che visse per molti anni come uno zingaro, spostandosi continuamente e durante i suoi spostamenti perse molto materiale. Raccontò che depositò una scatola con alcuni dei suoi primi film all’ Anthology Film Archives di New York e quando tornò a riprenderla, la scatola era sparita. Forse qualcuno l’aveva rubata.

(Cit. da Hollywood-Babylon di Kenneth Anger; Fonti: Visionary Film: The American Avant-Garde, 1943-2000 di P.Adams Sitney che cita Experiment in the Film di Lewis Jacobs; A Critical Cinema 5: Interviews with Independent Filmmakers di Scott McDonald.)

 

kenneth-anger

Kenneth Anger