found footage

Strabiche news: UnArchive – Found Footage Fest, il nuovo festival dedicato al riuso delle immagini d’archivio.

Al via a Roma UnArchive – Found Footage Fest, un nuovo festival che sarà apprezzato dagli amanti delle immagini d’archivio e del loro riuso artistico.

L’evento si svolgerà presso lo Spazio Live Alcazar a Trastevere da domani 14 dicembre fino a domenica 19 dicembre e darà al pubblico l’occasione di assistere a performance dal vivo, a proiezioni di film e ad incontri con gli autori delle opere.

Tra le conversazioni in programma, si segnala quella tra Adriano Aprà e il regista Marco Bellocchio che si terrà al termine della proiezione dell’ultima fatica artistica dell autore emiliano, il documentario Marx può aspettare.

L’evento è promosso dalla Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, istituzione da sempre impegnata nella divulgazione e conservazione della memoria dei movimenti sociali e nello studio del rapporto tra cinema e memoria.

Da oggi, i riferimenti al nuovo festival romano arricchiscono sia la pagina del blog dedicata ai festival europei, sia il calendario annuale degli eventi.

(Immagine gentilmente concessa da AAMOD)

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Strabiche news: l’archivio Home Movies ospita Péter Forgács.

Ottime notizie per tutti gli amanti del cinema found footage.

Péter Forgács, artista e pioniere del genere, sarà ospite dell’evento Archivio Aperto, rassegna cinematografica organizzata da Home Movies – Archivio Nazionale del film di famiglia, un viaggio annuale nel patrimonio audiovisivo privato, inedito, sperimentale e in formato ridotto, inaugurato a Bologna ad inizio settembre e attualmente in corso fino alla fine del mese di ottobre.

L’ 11 e il 12 ottobre l’ artista ungherese terrà un workshop che si svolgerà in parte in presenza, in parte online e la sera dell’ 11 presenterà dal vivo due anteprime italiane, gli ultimi due film della serie Private Hungary: Kemény György e Venom – A Diva in Exile.

Inoltre, dall’1 al 27 ottobre, la quattordicesima edizione dell’evento bolognese accompagnerà il pubblico alla scoperta dell’immensa cinematografia di Péter Forgács, attraverso la retrospettiva dedicata alla sua Hidden Hystories, opera filmica infinita e in continua lavorazione.

Contemporaneamente, Archivio Aperto propone anche il lavoro cinematografico di un’altra artista famosissima, la nota pioniera del cinema sperimentale americano Maya Deren.

Una parte della programmazione dell’evento si sta svolgendo online, una parte dal vivo con proiezioni dei film nel loro formato originale.

Il punto di forza di Archivio Aperto consiste proprio nella possibilità di gustare in presenza le bellissime pellicole in formato ridotto, quindi se potete, correte a Bologna!

Invece per tutti coloro i quali non potranno rifarsi gli occhi dal vivo, vi è la possibilità di vedere i film gratuitamente fino al 27 ottobre sulla piattaforma MyMovies.

Buona visione!

(Immagine gentilmente concessa da Home Movies).

Montegelato, l’archivio come non l’avete mai visto.

Qualche mese fa ho iniziato una ricerca sull’esistenza di opere audiovisive che si basassero sul riciclo di immagini già esistenti e che superassero i confini del cinema.

La mia mente era arrivata a pensare che magari, da qualche parte nel mondo, esistessero registi che avessero realizzato found footage film esperibili con la realtà virtuale e ho pure presentato un progetto di ricerca sull’argomento.

I miei sono rimasti pensieri astratti fino a settimana scorsa, quando ho scoperto l’esistenza di Montegelato, un bellissimo film di montaggio o, per meglio dire, una bellissima esperienza found footage in concorso alla Biennale Cinema 2021, nella sezione Venice VR Expandend.

L’opera è stata realizzata da Davide Rapp, artista filmmaker e direttore creativo di -orama, un team competente e instancabile con base a Milano.

Ho avuto il privilegio di visionare Montegelato nello studio milanese e devo dire che in quello spazio ho visto e percepito passione, visione, innovazione, lavoro certosino, studio, ricerca e tenacia, tutte qualità che si riflettono nell’ opera che hanno realizzato, originale e unica.

Posso tranquillamente affermare che il film rappresenta un unicum nel panorama del found footage cinema.

L’opera raccoglie in sé stessa centinaia di sequenze di film della storia del cinema, tutte girate presso le cascate di Monte Gelato, un set cinematografico a cielo aperto e, a quanto pare, apprezzato dalle produzioni cinematografiche capitoline.

Montegelato rappresenta un lavoro con l’archivio davvero originale, non solo per l’utilizzo della realtà virtuale come medium, ma anche dal punto di vista produttivo.

Le sequenze dei film utilizzate sono state sapientemente e pazientemente manipolate, montate e posizionate nello spazio virtuale grazie all’inventiva del team, che ha esplorato le potenzialità espressive del software, un lavoro artigianale in digitale che ricorda quello degli artisti artigiani del found footage, quelli che manipolano il materiale pellicola manualmente, inventando nuove strade espressive.

Con Montegelato, Davide Rapp e il suo team hanno aperto e inaugurato una nuova strada nel found footage cinema.

Ad maiora.

(Frames gentilmente concessi dall’autore).

Strabiche news: Found Footage Magazine

Oggi è arrivato il numero speciale SPECIAL ISSUE #5 Dirty Movies & Second Hand Poetics della rivista più bella del mondo: Found Footage Magazine (foundfootagemagazine.com)

Si tratta di una rivista spagnola indipendente specializzata in cinema found footage, corrente cinematografica sperimentale molto amata (e studiata) dalla sottoscritta, che si declina in tante forme espressive quanti sono gli artisti che realizzano i film. Come è scritto sulla prefazione della rivista, sotto la definizione “found footage” si possono raccoglie vari tipi di film: film basati sul riciclaggio di immagini, film saggi, film collage, film di compilazione, cinema d’archivio. Un bel pot-pourri di strane ed eclettiche visioni.
La rivista è molto ricca di contenuti, raccoglie interviste, monografie e saggi in lingua inglese (solo i numeri ISSUE #1 di ottobre 2015 e ISSUE #2 di maggio 2016 presentavano i pezzi anche in lingua spagnola).
Il Magazine è strepitoso dal punto di vista estetico e dell’impaginazione; si apprezza particolarmente la cura nella selezione delle fotografie, presenti in grande quantità e sempre stupende.

Consiglio vivamente di acquistarla, ne vale proprio la pena. Non solo è un unicum nel panorama internazionale, ma è il top sull’argomento (per ora).

found footage magazine5

SPECIAL ISSUE #5 MARCH 2019 Dirty Movies & Second Hand Poetics

Angela Ricci Lucchi, grazie per “la scossa elettrica”

Ieri ho appreso la triste notizia della dipartita della grande artista e filmmaker italiana Angela Ricci Lucchi. L’artista, insieme al compagno Yervant Gianikian, ci ha regalato immagini preziose e bellissime.

Oggi, mentre ascoltavo “Knocking on the heaven’s door” di Bob Dylan, ho pensato subito a lei, a quando la conobbi a Venezia durante una Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, all’emozione provata nel stringerle la mano, a quando la ascoltai durante un evento a Milano, al suo affascinante cinema fatto di profumi, archivi e memorie in continuo dialogo col presente.

Qualche mese fa ho perso la presentazione dell’ultimo libro dedicato al cinema della coppia italiana del found footage. Pensavo di avere un’altra occasione per ascoltare i racconti coinvolgenti dell’artista e dei suoi viaggi a caccia di oggetti, immagini e memorie. Che errore dare per scontato il tempo.

Il titolo di questo breve ma sentito post, riporta la citazione di un’ intervista fatta ai due artisti, nella quale Gianikian spiega da cosa dipenda la durata e la dimensione temporale delle immagini nei loro film:

“È un processo che è sempre variabile. È un processo che ha un punto di partenza che è quello dell’osservazione manuale, e però è dato dalla natura dell’immagine, da quella scossa elettrica che l’immagine ci provoca. La durata è in relazione a questo.” (1)

Quella scossa elettrica la provai la prima volta che vidi un film della coppia. Quella scossa mi spinse a dedicare la tesi di laurea al lavoro dei due artisti italiani. Riporto qui sotto le conclusioni della mia tesi di laurea, un piccolo e umile omaggio all’artista scomparsa:

“CONCLUSIONI

La scoperta del found footage film e soprattutto il lavoro dei due cineasti italiani Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, hanno risposto allo scopo della ricerca intrapresa  sull’uso delle immagini d’archivio documentarie. Grazie alle informazioni raccolte e ai film visionati, si è entrati in contatto con un mondo cinematografico affascinante, abitato da cineasti-artigiani che amano il cinema e la sua materia prima, la pellicola cinematografica.

Le immagini dei film della Trilogia della Guerra colpiscono particolarmente per la loro bellezza visiva e la forza espressiva che emanano. Sono film non facili da guardare, non solo per la loro struttura complessa e il loro ritmo lento, difficile per uno spettatore del terzo millennio, ma per ciò che mostrano, il dolore e la sofferenza di uomini, donne e bambini. I cineasti provano pietà per questi anonimi e propongono le loro sofferenze perché vogliono ricordare al pubblico che esse non sono passate, ma persistono tutt’oggi.

I volti dei protagonisti dei loro film non lasciano indifferenti.

Gli sguardi dei bambini del film “Oh!Uomo” sono difficili da dimenticare.

Se qualcosa colpisce, si indaga, si entra dentro l’argomento come fanno i due filmmaker con il fotogramma.

Questo approfondimento nasce da una “scossa elettrica”.” (2)

 

Ciao e grazie.

 

(citazione 1: Dottorini, Daniele, (a cura di), “Archivi che salvano. Conversazione (a partire da un frammento) con Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi”, Fata Morgana , n. 2, maggio-agosto 2007, p. 14; citazione 2: mia tesi di laurea “Found Footage Film: la Trilogia della guerra di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi”, 2009.)

SCARRED Movie: Dawson City – Il tempo tra i ghiacci (2016)

“Found footage editing + Bill Morrison = magic visions.” (cit. simply me…. 🙂 ….I love Bill Morrison work!!)

Dawson City – Il tempo tra i ghiacci, 120′, Bill Morrison (2016).

Chi ama la corrente cinematografica del found footage film conosce il lavoro dell’artista americano Bill Morrison.

Il film del titolo di questo post è stato presentato nel 2016 in prima mondiale al Festival di Venezia nella sezione Orizzonti e distribuito da poco in Italia.

Le immagini che compongono il documentario provengono da pellicole in nitrato risalenti agli Dieci/Venti di cui nessuno conosceva l’esistenza prima del 1978, quando furono ritrovate per puro caso, dissotterrate e salvate dalla terra e dal ghiaccio durante alcuni scavi effettuati in un cantiere della cittadina canadese Dawson City. Una volta ritrovate, le 533 pellicole andarono a costituire una collezione che oggi è conservata dalla Library of Congress e dai Canadian Archives di Ottawa.

Per scoprire i nomi delle sale cinematografiche d’Italia che proiettano il film, visitare il sito de  Il Cinema Ritrovato, mentre a voi cari milanesi comunico che il film sarà proiettato la sera del 20 marzo al Cinema Mexico alla presenza di sciur Bill Morrison in persona!! Sono già là!!!

 

 

SCARRED Movie: flooded films – Helen Hill home movies

Helen Hill home movies

Helen Hill home movies

Le due fotografie di pellicole danneggiate inserite nel post raccontano una storia affascinante e tragica. Si tratta di home movies girati in Super 8 da Helen Hill, una filmmaker indipendente di New Orleans specializzata nella realizzazione di film di animazione. Nonostante l’artista fosse interessata alla manipolazione e all’alterazione manuale delle pellicole, gli spezzoni di Super 8 mostrati in queste fotografie non furono danneggiati intenzionalmente da lei, ma dalla furia dell’uragano Katrina che si scatenò sulla città di New Orleans nel 2006. La natura ha lasciato il segno sui film e sembra aver creato manipolazioni e alterazioni degne dei migliori found footage film che ho visto. Ho letto che, salvato il salvabile, Hill spedì i film infangati e sporchi ad un laboratorio specializzato per la pulitura, ma il laboratorio si rifiutò di farlo a causa dello stato delle pellicole che erano talmente sporche da compromettere l’attrezzatura. Helen decise di pulire da sola i suoi film, cercando informazioni sul sito Urbanski Film e chiedendo consigli al suo proprietario che le spedì un prodotto specializzato per la pulitura delle pellicole, il FilmRenew, capace di eliminare le muffe. Il procedimento di pulitura delle pellicole fu semplice e casalingo: gli home movies vennero immersi nel FilmRenew, poi asciugati con stracci di cotone e riavvolti in bobine di plastica. I risultati della pulitura furono la perdita delle sperimentazioni con i colori effettuate dall’artista prima dell’uragano e  i segni evidenti lasciati dall’attacco delle muffe sull’emulsione, dovuti dall’immersione nell’acqua fangosa durata almeno due settimane. Infine, la regista fece stampare i Super 8 in 16mm con una stampatrice ottica.

Cercando maggiori informazioni sull’artista americana, ho scoperto che è morta tragicamente a New Orleans nel 2007, uccisa una notte di gennaio del 2007 da un intruso entrato in casa. Helen Hill era considerata una promessa del cinema sperimentale americano. Dopo la sua morte, alcuni appassionati del suo cinema e alcuni ricercatori che l’avevano conosciuta, si mobilitarono per salvare i suoi film dall’umidità della Louisiana e dal decadimento fisico dell’emulsione e hanno provveduto a farne alcune copie da conservare in archivi. Qui si può avere un assaggio del paziente lavoro di pulitura delle pellicole effettuato da Helen Hill.

Helen Hill home movies collection

Helen Hill home movies

(Fonti: Moving Image Archiving and Preservation – Department of Cinema StudiesSOIMA – Sound & Image Preservation; “Direct-On-Found Footage Filmmaking: Mining the debris of image consumption & co-directing with nature” by Katherine Berger, in Scan | Journal of Media Arts Culture)

SCARRED Movie: Materia Obscura – The film (2009)

materia obscura

Materia Obscura, Jurgen Reble

“My trees are full of films.”

Jürgen Reble

Materia Obscura-The film HDV; 105′; Jurgen Reble.

Perforare, incidere, graffiare, raschiare. Macchina da cucire, coltello, martello, saldatrice, rifinitrice di precisione, tenaglia, forbici. Verbi e sostantivi che si usano solitamente per descrivere il lavoro o il laboratorio di un artigiano, non quello di un regista. L’oggetto della pillola di cinema di oggi non è un falegname, ma Jürgen Reble, un artista-artigiano che realizza film trattando manualmente pellicole found footage, aiutandosi con sostanze chimiche e con macchine e attrezzi non propriamente cinematografici. L’artista tortura e distrugge l’oggetto del suo desiderio. Il suo scopo è quello di stressare e manipolare violentemente il supporto per scoprirne i limiti, talvolta superandoli, come accade durante le performance live, quando l’artista-carnefice porta il materiale direttamente alla distruzione. Reble è stato membro di un gruppo di artisti tedeschi di nome SCHMELZDAHIN, fondato alla fine degli anni ’70 e di cui fecero parte Jochen Lempert e Jochen Muller. Il gruppo voleva sperimentare nuove forme filmiche ed era particolarmente interessato al decadimento fisico delle pellicole in nitrato e ai processi chimici prodotti durante e dopo lo sviluppo della pellicola. La sperimentazione con il materiale filmico consisteva nel provocarne il danneggiamento, abbandonando le pellicole appese ad alberi in balia degli agenti atmosferici o lasciandole sotterrate in giardino per alcuni mesi, in modo che venissero attaccati da muffe e batteri. Trattavano le pellicole con sali, li facevano essicare e cristallizzare sulla gelatina, incidevano segni grafici con aghi e carta abrasiva, le sbiancavano, le trattavano con agenti chimici, le coloravano e facevano “esplodere” i colori, formando nuove forme e strutture. Terminata l’esperienza con il gruppo, Reble ha continuato a fare quello che ha sempre fatto fin dai primi esperimenti filmici, uno studio artistico sulla chimica del supporto. Materia Obscura è un film sonoro realizzato digitalizzando e analizzando frame by frame alcuni stralci del film muto“Instabile materie”, opera della durata di 70 minuti, realizzata nel 1995 seguendo i procedimenti di tortura chimica delle pellicole 16mm sopra descritti.

“This film is made by some beautiful and unique alchemical transformations of the film material itself. It is a visual expedition into the world of matter, which shows the bizarre richness of the smallest particles floating in the film emulsion. The crystals’ constantly changing structures, enriched by the textures, bring about an almost tactile experience, a visual expression of its own base matter.”

Per analizzare approfonditamente le sequenze, l’artista ha sfruttato alcune potenzialità che possono offrire il computer e l’editing digitale. Ha rallentato la velocità di scorrimento delle immagini e, aiutato dall’alta risoluzione, ha scoperto nuove composizioni e inediti “chemograms”, le morfologie chimiche tanto amate dall’ “alchimista” di Bonn.

(Fonti. 2°cit.: sito ufficiale di Jürgen Reble. Cit. iniziale: sito di Mike Hoolboom, You destroy everything: an interview with Jürgen Reble and Christiane Heuwinkel, 1990)