lost movie

R.I.P. Movie: Drakula halála – Dracula’s Dead (1921)

“Drakula is coming” (1)

 

Drakula halala

 

Dracula’s DeathDrakula halála b/w, 1448 metri, 35mm, Károly Lajthay, 1921

Pillola di Halloween. Niente panico, non nuoce gravemente alla salute, non è avvelenata e non trasforma in zombie o vampiri assetati di sangue. A proposito degli amici vampiri, ecco una chicca cinematografica succulenta, avvolta nel mistero e nel condizionale più selvaggio. Alcuni studiosi e appassionati del genere horror affermano che il film austro-ungherese Drakula halála del regista ungherese Lajthay, sarebbe la prima trasposizione cinematografica del mito di Dracula, contrariamente a quello che si è sempre pensato, ovvero che il film Nosferatu di Muranu del 1922 fosse la prima apparizione sul grande schermo della mitica figura del vampiro. Secondo le fonti consultate, il film fu completato e proiettato prima del film di Murnau e se un giorno tali fonti dovessero risultare attendibili, il film cult di Murnau non dovrebbe essere considerato il primo film di Dracula della storia del cinema. Le fonti per accertare che Drakula halála sia stato proiettato prima del bellissimo Nosferatu sono esigue e consisterebbero in alcuni articoli di riviste e pubblicità del 1921. In un saggio scritto da Gary D. Rodhes, un ricercatore e professore di cinema, si afferma con certezza fin dal titolo che il film di Lajthay è da considerasi il primo film su Dracula, anche se le ipotesi e i forse presenti nel saggio sono troppi. Cercando di mettere insieme tutti i pezzi, posso dire che non solo le informazioni che circolano sul film sono poche, talvolta sono anche discordanti. A mio parere le ragioni di tutti questi dubbi sono dovute al fatto che si tratta di un film appartenente ad una cinematografia, quella ungherese, povera, poco conosciuta e studiata. C’è poi un elemento non trascurabile: la pellicola è uno dei tanti film muti scomparsi nel nulla. Nessuna copia è mai stata ritrovata. Anche riguardo alla sua scomparsa sono state fatte varie ipotesi. Gary D. Rodhes afferma che, dopo la primavera del 1923, il film scomparve sia dalle sale ungheresi, sia da quelle austriache e non se ne seppe più nulla, mentre John L. Flynn afferma che sarebbe andato perduto dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tutti concordano nel dire che Lajthay scrisse il film con M. Kertész, un noto regista che lavorò con Bela Lugosi in 99 (1918) e che in seguito avrebbe diretto alcuni film a Hollywood usando lo pseudonimo di Michael Curtiz, sì, proprio lui, il regista del celebre Casablanca (1943). Drakula halála fu prodotto dalla società Lapa Film Studio, girato presso gli studi Corvin Filmgyár a Budapest, proiettato per la prima volta a Vienna nel febbraio del 1921 e presentato nelle sale ungheresi solo nel 1923, un anno dopo la proiezione di Nosferatu. Non sono state trovate fonti successive al 1923, quindi non se ne conosce il destino distributivo. Si possono trovare versioni discordanti anche riguardo al soggetto del film. Le informazioni più approfondite, ma non certe al cento per cento, rimangono quelle divulgate da Rodhes e L. Heiss, quest’ultimo ricercatore e studioso di cinema muto che ha condotto molte ricerche sul film. Nel suo blog, Heiss afferma che, grazie all’aiuto di un suo collega ungherese, Farkas, le ricerche e le evidenze trovate hanno portato alla scoperta di un filmbook dal titolo The Death of Drakula, scovato alla National Library ungherese. Dopo aver analizzato articoli di giornali, riviste d’ epoca e alla luce della scoperta del filmbook Heiss suggerisce che la trama non consisteva né in una trasposizione o adattamento cinematografico del celebre romanzo Dracula di Stoker, né che ci fosse una connessione tra la trama del film e le leggende della tradizione rumena legate alla figura del Conte Vlad di Transilvania. Probabilmente il regista trasse l’idea della figura del vampiro dal libro dello scrittore irlandese e la adattò liberamente al plot del suo film. G. D. Rodhes parla del filmbook nel suo saggio e ne fornisce una traduzione in inglese. Non solo, azzarda anche alcune supposizioni. Infatti scrive che il racconto fu pubblicato nel 1924 con il titolo Drakula halála e venne scritto da Lajos Pánczél, uno scrittore e sceneggiatore ungherese. Rodhes ipotizza una corrispondenza tra il racconto e la trama del film e l’eventualità dell’esistenza di un’edizione precedente al 1924, risalente tra il 1921 e il 1923, senza però riportare fonti ufficiali. Purtroppo sono solo supposizioni, nessuna prova certa, Dott. Watson! Nel racconto, si parla esplicitamente del film e del suo cast, testimonianza che potrebbe aiutare a ricostruire o almeno a immaginare la trama della pellicola perduta. Il condizionale è d’obbligo, visto che non ci sono prove di una corrispondenza tra la trama del racconto di Pánczél e la trama del film.  Tante domande e poche risposte; peccato, non resta che sperare che un giorno qualcuno inciampi nella bobina di Drakula halála, magari in Transilvania, all’ombra di un castello oscuro e tenebroso.

Drakula halala

(foto/photos: trovate sul web/found on the www; fonti: citazione 1, Mozi és Film, Advertisement 1923; www.hitchcock.hu ; Heiss Lokke blog ; John L.Flynn: Cinematic Vampires, McFarland, USA, 1992Gary D. Rhodes essay, Drakula halála (1921): The Cinema’s First Dracula, The Queen’s University Belfast, Horror Studies Volume 1 Number 1, 2010; The Bioscope ; )

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R.I.P. Movie: Vita futurista (1916)

“Pittura + scultura + dinamismo plastico + parole in libertà + intonarumori + architettura + teatro sintetico = cinematografia futurista. Scomponiamo e ricomponiamo così l’Universo secondo i nostri meravigliosi capricci, per centuplicare la potenza del genio creatore italiano e il suo predominio assoluto nel mondo. Milano, 11 settembre 1916”

F.T. Marinetti, B. Corra, E. Settimelli, A. Ginna, G. Balla, R. Chiti.

Vita futurista 1200 metri, Arnaldo Ginna.

I ragazzotti del movimento futurista non mancavano di modestia! Grandi pionieri della ricerca artistica dei primi anni del secolo scorso, scrissero il Manifesto della Cinematografia Futurista con il quale affermarono un concetto rivoluzionario: il cinematografo è un’arte a sé. Purtroppo il gruppo fondato da Filippo Tommaso Marinetti non produsse una vera e propria cinematografia futurista, più che altro ne teorizzò. Vita futurista può essere considerato il primo film d’avanguardia della storia del cinema ed è il primo film espressamente futurista. Il soggetto fu scritto dai principali esponenti del gruppo, poi venne sviluppato e modificato di volta in volta da Marinetti durante la produzione. Ginna girò con una macchina da presa a manovella Pathé comprata a Firenze per l’occasione e girò scene in parte ambientate in esterni nei dintorni di Firenze, in parte in un teatro di posa e in seguito portò le bobine a sviluppare a Roma. La pellicola consisteva in un assemblaggio di improvvisazioni, gag e scenette interpretate dagli aderenti al gruppo: Marinetti, Corra, Balla, Ginna, Settimelli, Spina, Chiti, Nannetti, Venna, Josia, Spada e da alcuni amici reclutati per l’occasione. Secondo le testimonianze dell’epoca, il film alternava scene simboliche e astratte a scene comiche e vennero usati trucchi che diventeranno di largo uso nel cinema, ad esempio le sovrimpressioni e l’ uso di specchi per creare effetti speciali. Il film non piacque a tutti. Vennero stampate solo due o tre copie perché il gruppo non trovò nessuno disposto a distribuirlo. Ginna racconta che la sera della prima, Settimelli diede uno schiaffo al potenziale distributore. Gli spettacoli futuristi erano famosi per essere molto movimentati e i giovani artisti facevano di tutto per provocare e stimolare il pubblico che, durante alcune proiezioni del film, gettò sassi e oggetti contro lo schermo. La pellicola è andata perduta e ne restano solo pochi fotogrammi: la “Colazione futurista” al ristorante La Loggia al piazzale Michelangelo a Firenze; la “Danza dello splendore geometrico”, dove si vede l’uso della sovrimpressione; la “Cazzottatura futurista” al parco delle Cascine, dove recitava lo stesso Marinetti. Nel 1958, l’ultima bobina di Vita Futurista venne affidata da Ginna ad uno studioso che avrebbe dovuto curarne il restauro e donarlo ad un Museo parigino. L’opera invece scomparve, probabilmente distrutta durante il tentativo di restauro. Per fortuna Ginna ricorda le sequenze:

1-“Scena al ristorante di piazzale Michelangelo” – Un vecchio signore con barba bianca (Lucio Venna) siede ad un tavolo fuori del ristorante. Stava per iniziare il pranzo con un brodino in tazza, quando alcuni giovani futuristi intervennero disapprovando ad alta voce il modo di mangiare del vecchio. Un signore inglese presente alla scena non comprendendo che si trattava di una finzione, volle intervenire apostrofando arrabbiatissimo Marinetti: “No fare male ai vecchi”. Il vecchio simboleggiava il passatismo retrogrado, i giovani futuristi il dinamismo avvenirista
2-“Il futurista sentimentale”. Un giovane futurista pieno di baldanza si lascia sopraffare da sentimentalismo amoroso, vinto dall’addensarsi su di lui di forse psichiche passatiste, rappresentate dalle luci dell’ambiente che si fanno tenuissime e si colorano di blu – effetti colorati ottenuti col viraggio – per dare l’espressione di uno stato d’animo di mollezza.
3-“Come dorme il futurista” – In una stanza due persone dormono in letti disposti verticalmente anziché orizzontalmente, seguendo intuizioni psicologiche, dinamiche, in movimenti combinati introspettivi.
4-“Caricatura dell’Amleto simbolo del passatismo pessimista” – Figure in movimento, deformate con specchi concavi e convessi (Attori: Settimelli Venna, Chiti, Nannetti).
5-“Danza dello splendore geometrico” – Ragazze vestite esclusivamente con pezzi di stagnola, variamente sagomata, ballano una danza dinamico ritmica. Forti riflettori lanciavano fasci di luce sulla stagnola in movimento, provocando sprazzi luminosi intersecantisi fra di loro, distruggendo così la ponderalità dei corpi.
6-“Poesia ritmata di Remo Chiti” – Declamata con l’accompagnamento simultaneo di movimenti delle braccia.
7-“Ricerca introspettiva di stati d’animo” – A cavalcioni sopra cavalletti di legno in un ambiente scuro color violetto, Chiti, Venna e Nannetti fissano in un silenzio che vuole essere soprannaturale i movimenti di alcune carote legate ad un filo tenuto fra l’in dice ed il pollice.
8-Balla mostra alcuni oggetti di legno colorati e cravatte pure di legno, magnificandone il contenuto plastico dinamico.
[vi erano inoltre altre scene: Come corrono il borghese e il futurista in cui un borghese cammina regolarmente sulla strada delle Cascine mentre Marinetti corre saltando siepi e rovi, Esercitazioni quotidiane per liberarsi dalla logica, Cazzottatura futurista, e un episodio di satira politica Perché Cecco Beppe (Francesco Giuseppe) non moriva, nel quale la morte, Remo Chiti vestito di nero con uno scheletro disegnato sulla maglia, non riesce a prendere l’imperatore e sviene per il puzzo che ne irradia (scena che fu però tagliata dalla censura)].

(Cit iniziale: La cinematografia futurista; 2°cit: qui si trova la descrizione fatta da Ginna delle sequenze del film; Fonti: Clara Orban: The Culture of Fragments. Words and Images in Futurism and Surrealism. Amsterdam & Atlanta, GA: Rodopi,1997, p.155.; Le icone fluttuanti. Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia di Angela Madesani)

"Vita futurista", Ginna, 1916. Fotogramma che testimonia l'suo della sovrimpressione

“Vita futurista”, Ginna, 1916. Fotogramma che testimonia l’uso della sovrimpressione.

R.I.P. Movie: An Elastic Affair (1930)

 “But every film I make is a comedy!”

Alfred Hitchcock

An Elastic Affair 10′, Alfred Hitchcock.

Tutti lo cercano, nessuno lo trova. Per una volta è il Maestro della suspance ad essere al centro di un mistero. Circolano poche informazioni sul film e non si conoscono le cause della sparizione.Si tratta di una breve commedia considerata perduta per sempre, uno dei primi film girati dal Maestro. Il film aveva come protagonisti due attori vincitori di un acting contest promosso dal magazine inglese Film Weekly e fu proiettato nel gennaio del 1930 durante una cerimonia svoltasi al London Palladium. Il film venne proiettato muto, nonostante fosse stato girato con il sonoro presso gli studi Elstree della BIP, la British International Pictures, la società che ingaggiò “Hitch” nel 1927, l’anno in cui “The Jazz Singer” sancì l’introduzione del sonoro e sconvolse l’industria cinematografica. An Elastic Affair, insieme a due film musicali girati lo stesso anno dal Maestro del thriller, “Elstree Calling” e “Harmony Heaven”, potrebbe essere considerato un film-esperimento, prodotto per testare e sperimentare le nuove tecniche della sincronizzazione e del missaggio del suono.

(Fonti: Wikipedia; It’s only a movie: Alfred Hitchcock A Personal Biography di Charlotte Chandler. Cit.: dall’ intervista di Bryan Forbes, Nationa Film Theatre, 1967, qui il link dell’intervista).

R.I.P. Movie: Andy Warhol Films Jack Smith Filming ‘Normal Love’ (1963)

“Well,we are all creatures”

Jack Smith

Andy Warhol Films Jack Smith Filming ‘Normal Love’  16 mm; 3′; Andy Warhol.

Del film si sono perse le tracce nel 1964, quando venne sequestrato dalla polizia durante una retata. Andy Warhol si era recato in una villa di conoscenti, dove il regista Jack Smith, autore di uno dei primi film dell’ underground americano “Flaming Creatures”, stava girando il suo queer movie “Normal Love”. Ispirato dalla spontaneità di Smith che influenzerà il suo stile minimal, Warhol gira il suo brevissimo lost movie considerando lo shooting del film come una performance, dove gli attori, alcuni dei quali diventeranno i protagonisti dei suoi film, vengono continuamente ripresi “fino alla noia”. (Cit. da Popism The Warhol Sixties di A. Warhol e Pat Hackett.)