Mubi

Expiring film: Aftersun

Piattaforma: MUBI

Well, well, well, Charlotte Wells, che esordio da urlo.

Si può proprio dire che “è nata una stella”!

Aftersun, opera prima della regista scozzese Charlotte Wells, sta facendo parlare di sé dopo essersi distinto a Cannes alla Semaine de la Critique e aver vinto il French Touch Prize of the Jury.

Il film è da vedere e ve lo potete godere sulla piattaforma MUBI, suo distributore ufficiale.

Screenshot dal sito MUBI

Una donna ricorda una vacanza della sua infanzia trascorsa con il giovane padre negli anni ’90 in un villaggio turistico turco.

La vacanza è raccontata sia come ricordo passato, attraverso l’uso di filmini miniDV ripresi dai due protagonisti con una videocamera amatoriale, sia come tempo “presente” e vissuto di nuovo, proponendo una ricostruzione degli anni ’90 attraverso i costumi dei personaggi, gli oggetti e la colonna sonora.

Queste due diverse declinazioni del passato e del ricordo si alternano al tempo dell’attualità della narrazione, quando la donna sta pensando al padre e alla vacanza trascorsa insieme quando lei aveva 11 anni.

Ai ricordi si aggiungono anche i pensieri della figlia, rappresentati da sequenze simboliche e stroboscopiche un poco oscure, le quali fanno intuire allo spettatore che il rapporto tra padre e figlia non era tutto rose e fiori e che il padre appariva agli occhi della figlia come una figura irrequieta, misteriosa e difficile da comprendere.

Non si vuole entrare troppo nei dettagli per non fare spoiler, però è giusto sottolineare la complessità temporale e narrativa del film perché tutti gli elementi si amalgamano talmente bene e in modo perfetto da far sembrare la storia una tipica struttura narrativa semplice e lineare, ma in realtà non lo è e tale complessità è gestita in modo sorprendente, soprattutto se si pensa che si sta guardando un’opera prima.

Nonostante in alcune sequenze le riprese sembrino restituire un ritmo lento e statico, il film è davvero scorrevole e mai noioso.

In queste sequenze, i movimenti lenti e continui della macchina da presa regalano alle scene una particolare dinamicità e determinano uno stile registico piacevole, originale e personale.

Le immagini dal vero e quelle in miniDV, le fantasie e i ricordi, i ritmi e gli stili diversi di ripresa, l’ alternanza di una visione più infantile e di una più adulta, un uso del sound design e della colonna sonora davvero interessanti in alcune sequenze, fanno di questo film un delicato e malinconico gioiellino di regia indipendente, un prodotto adatto sia ad un pubblico di nicchia, sai ad un pubblico mainstream di larghe vedute.

Last, but not least, le casting est superb e Paul Mescal e Frankie Corio sono bravissimi.

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Expiring film: The African desperate

Piattaforma: MUBI

Esordio alla regia di un lungometraggio di Martine Syms, artista americana di Los Angeles.

Il film si apre con un esame di laurea alla Magistrale d’Arte della protagonista, una sequenza surreale, nel complesso grottesco e ridicolo, un momento ironico ricco di frasi vuote e di citazioni senza senso, ma assolutamente realistico per chi conosce un minimo il mondo dell’arte contemporanea.

(screenshot dal sito MUBI)

Anche la protagonista del film è un cliché, quello dell’artista che non sa cosa fare del suo futuro e fa uso di varie sostanze, vive di citazioni, di contrapposizione tra reale e virtuale, tra realistico e artistico.

Si intuisce che la regista proviene dal mondo della videoarte grazie all’ utilizzo non convenzionale dei suoni e della colonna sonora ed è subito evidente che si tratta di un esordio, infatti ci sono pochi movimenti di macchina da presa.

Alcuni momenti della sceneggiatura sono resi con soluzioni visive molto originali, ma poco cinematografiche e figlie di un’estetica da social media e da device mobile.

Film noioso che dura troppo, ma con una piacevole e sottile ironia di fondo e un uso divertente e molto personale delle luci colorate, soprattutto nelle sequenze in cui la protagonista ha allucinazioni da mix di droghe.

Un esordio senza infamia e senza lode, con un ottimo utilizzo della luce e della color correction.

Expiring film: Walk the Walk

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Expiring date: 31/07/2019

Piattaforma: Mubi


Regia: Jac Zacha.
Pellicola: 35mm a colori ritrovata in un laboratorio abbandonato e restaurata dal mitico team di byNWR (piattaforma creata dal filmmaker Nicholas Winding Refn).

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Film di genere exploitation prodotto da Kroger Babb, narra la storia di un seminarista vittima della sua dipendenza da eroina e delle peripezie che affronta alla ricerca disperata di una dose tra i pusher di Los Angeles.

Come vuole il genere, il film ha alcuni riferimenti all’erotismo e alla religione, strizza l’occhio alla sottocultura psichedelica e hippy di quegli anni, racconta una storia provocatoria per stupire e, allo stesso tempo, per educare, mettendo in guardia lo spettatore dall’uso delle droghe (buone intenzioni finalizzate non solo al “sociale”, ma anche all’evitare la censura americana).

Questo stile ambiguo caratterizzava molti film prodotti e distribuiti da Kroger Babb, showman, produttore televisivo e cinematografico specializzato in exploitation film, finalizzati alla provocazione, al sensazionalismo a scopo di marketing, all’educazione sessuale, alla moralità e alla lotta alle droghe.

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Il film è stato scritto, diretto e prodotto da Jac Zacha, attore e regista americano di Cincinnati. Per ammissione dello stesso regista,si tratta di un film autobiografico.

Zacha era figlio di un’alcolista e di un tossicodipendente e, come il protagonista, è entrato in seminario molto giovane. Contrariamente al personaggio da lui scritto, Zacha ha abbandonato la carriera da prete per lavorare con il padre nel mondo del cinema, diventando per qualche tempo dipendente della Paramount.

Lo stesso regista ha raccontato che la dipendenza da alcool e da eroina lo ha portato ad avere una brutta fama sul set, fama che lo ha costretto ad abbandonare per un pò di tempo il cinema ed il sogno di diventare regista.

Il film in sé stesso è senza lode, l’ho trovato alquanto noioso con una sceneggiatura piuttosto superficiale. Devo ricordare che si tratta di un film ritrovato e che in alcuni momenti sembra essere incompleto, come se mancassero alcuni pezzi.

Le informazioni sul restauro sono poche; il team byNWR ha dichiarato:

“Il film più raro che il team byNWR ha restaurato finora, Walk the Walk fu trovato in un laboratorio ormai chiuso ed è stato restaurato a partire dagli unici materiali fisici rimasti. Ci sono volute ore per riparare i danni al colore a causa delle cattive condizioni di conservazione.”

Nonostante non sia stato di mio gradimento, oramai non riesco più a resistere davanti a un film con il marchio byNWR. La qualità dei loro restauri è ottima e il lavoro di recupero dei film sconosciuti e dimenticati della sottocultura americana è ammirevole.

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(Fonti: Mubi; byNWR; blog)

Expiring Film: Satan in High Heels

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Expiring date: 03/03/2019

Piattaforma: Mubi


Regia: Jerald Intrator
Pellicola: 35mm b/n ritrovata in un laboratorio e restaurata da byNWR (piattaforma creata dal filmmaker Nicholas Winding Refn).

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Il film del 1962 viene definito “film di genere sexploitation“; in realtà è un film alquanto pudìco e senza scene di nudo che caratterizzano il genere. La pellicola è stata prodotta da un editore di fetish magazines (Leonard Burtmane), quindi ci si aspetterebbe un film piuttosto eccentrico o spinto, invece gli unici elementi riconducibili al mondo fetish sono elementi di “costume”, ovvero alcuni abiti in pelle indossati dalla protagonista che in una sequenza del film impugna una frusta a favore di un fotografo intento a realizzare un servizio fotografico.

Girato prevalentemente in un night club newyorkese, con protagonista una femme fatale manipolatrice e senza scrupoli, il film potrebbe ricordare i vecchi film noir, ma non si può neanche definire “noir” in senso stretto. Il personaggio femminile principale strizza l’occhio alle femme fatale di una volta, ma non è paragonabile alle donne fatali che si stagliavano bellissime e misteriose nella penombra dei night club e delle ambientazioni dei classici noir americani; anche lo stile della fotografia non lo rende definibile come noir.

La pellicola si divide in due parti, una prima parte avvincente e stimolante e una seconda parte meno interessante e più noiosa che si trascina fino alla conclusione, perdendo il senso del ritmo, nonostante un’ottima e coinvolgente colonna sonora jazz composta dal chitarrista James Mundell Lowe.

Il risultato del restauro della pellicola sembra ottimo sia a livello visivo che a livello sonoro.
Purtroppo non è oro tutto ciò che luccica; durante la visione si rischia qualche sbadiglio, precisamente se ne rischiano almeno due.

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